La montagna che ci unisce
Il modo giusto di andare in montagna
Si fa un gran parlare di come approcciarsi alla montagna. Esistono infiniti tutorial online su cosa mangiare, quali mete scegliere, che attrezzatura comprare, la guida definitiva di come preparare lo zaino. E poi tutta una serie di discussioni filosofiche sull'etica della Montagna, immancabili soprattutto dopo le grandi tragedie (vedi il recente crollo del ghiacciaio in Marmolada).
In questi anni sempre più persone frequentano vie e sentieri in quota, luoghi che per loro stessa natura faticano ad accogliere grandi numeri di visitatori. Che, diciamolo, non sono proprio tutti esperti alpinisti.
E così assistiamo al proliferare di norme e divieti che chiudono sentieri e interi versanti di salita per salvaguardare l'incolumità di tutti (o per evitare di rimanere implicati in qualche tipo di responsabilità). Con il risultato di generare ulteriori divisioni all'interno della comunità montana: CAI contro sindaci, guide alpine contro i gestori dei parchi nazionali, governo contro CAI e così via.
Certo non è facile mettere tutti d'accordo. Ognuno sale in montagna con atteggiamenti e obiettivi diversi; e far coesistere una massa di persone così eterogenea in spazi spesso angusti e impervi diventa una sfida. C'è chi va in montagna in cerca della prestazione sportiva e chi parcheggia l'auto al rifugio solo per pranzare. Chi parte all'alba per vie lunghe alpinistiche e chi alle 5 del pomeriggio intraprende una passeggiata. Chi si ferma a pernottare nei migliori rifugi e chi dorme in macchina per ottimizzare i tempi. Chi si porta 30kg di materiale nello zaino e chi percorre le vie ferrate senza kit.
Possiamo davvero dire che tra questi c'è qualcuno che "fa giusto" e qualcun altro che "sbaglia" e quindi è da fermare?
Sono stato più volte nei pressi delle Dolomiti di Brenta, ma non ho mai avuto modo di farci un'escursione. Per rimediare, organizziamo un weekend dolomitico assieme ad una compagnia nata un po' per caso: nuovi colleghi, amici di amici, compagni di scalata...insomma non ci conosciamo bene. Ma bastano pochi minuti di viaggio in macchina e ci sentiamo già a nostro agio. I racconti delle nostre avventure passate, e i sogni di quelle future, ci uniscono e dicono qualcosa di più di noi e della nostra comune passione. Scopriamo di vivere la montagna in maniera differente: qualcuno arrampica in falesia ma non ha mai fatto una via ferrata; uno ama dormire in bivacchi di fortuna e un altro non ha mai bivaccato; chi ha iniziato da bambino e chi ha scoperto la montagna solo qualche anno fa. E poi c'è quello che si lamenta perché vorrebbe essere al mare (...ma questa è un altra storia).
Il primo giorno, saliamo al Rifugio Tuckett e nonostante le nuvole basse decidiamo di percorrere il sentiero attrezzato SOSAT. Al ritorno ci becchiamo pure la pioggia: sono venuto qui per vedere le montagne "quelle belle, mica l'Adamello" (Cit. non mia) e mi ritrovo immerso nella nebbia; un buon inizio!
Pernottiamo al Rifugio Casinei, serviti e riveriti dai simpatici rifugisti che ci fanno sentire come a casa. Giusto il tempo di asciugarsi al calore della stufa e la cena è pronta. Abbuffata assicurata come di rito nei rifugi e poi tutti a dormire.
Il giorno dopo ci svegliamo di buon'ora, un po' frastornati come sempre in queste situazioni, e ci incamminiamo in direzione Rifugio Alimonta. Da qui parte il sentiero delle Bocchette Alte, un classica tra le vie ferrate e nostro obiettivo. Stavolta la giornata è limpida e ci fermiamo spesso incantati a osservare ciò che ci circonda.
Lo scrittore tedesco Goethe racconta che, scendendo da solo dal Monte Baldo verso Riva del Garda, alla vista del panorama sul Lago di Garda, esclamò: "Nemmeno un amico con cui condividere questa meraviglia!".
Al contrario noi oggi non siamo soli, e per tutto il giorno commentiamo estasiati il panorama, tentando di dare un nome a ciascuna delle cime intorno a noi.
La via ferrata è molto bella, lunga ma senza difficoltà, in molti tratti è un sentiero senza nemmeno il cavo metallico. È molto frequentata e percorribile in entrambi i sensi; su alcune scale dobbiamo attendere il passaggio di chi arriva dalla parte opposta. Pazientemente riposiamo e facciamo conoscenza con altri escursionisti. Arrivano da tutta Europa e da tutto il mondo: incontriamo due ragazzi venuti perfino da Boston!
Dopo la meritatissima birra di fine giro al Rifugio Tuckett, arriviamo alla macchina stanchi per le 11 ore di marcia ma con addosso la felicità di chi ha fatto la cosa che più gli piace.
E così, immersi in un fantastico paesaggio, abbiamo vissuto insieme due splendidi giorni nei quali ci siamo conosciuti, abbiamo riso e scherzato, faticato, ci siamo sostenuti nei momenti di difficoltà (ho sempre un angelo custode alle mie spalle).
Perché non importa quali siano le tue capacità fisiche e le tue esigenze; l'importante è il rispetto per la montagna. Che non vuol dire solo portare a casa i rifiuti (i mozziconi di sigaretta sui sentieri ve li farei mangiare🤬). Ma significa soprattutto conoscere le sue condizioni e le sue particolari difficoltà, per poi rapportarle alla tua preparazione e alle tue competenze.
Non esiste un modo giusto per andare in montagna. Ma esisti tu in rapporto a quella montagna.
E per concludere un suggerimento. Scegliete così i vostri compagni di avventura: se davanti alle Dolomiti le labbra si stirano in un sorriso e gli occhi si inumidiscono luccicando, ecco! È il socio ideale.
Qui sotto potete vedere il video dell'uscita realizzato da Matteo Peroni: seguitelo che è bravo!