Un sogno chiamato Mummery
Il progetto verso l'ignoto di Daniele Nardi al Nanga Parbat
Era il 1895 quando Albert Frederick Mummery, nel primo tentativo assoluto di scalare un ottomila, individuò la via sullo sperone che porta il suo nome. La via più bella, diretta ma troppo difficile e rischiosa. Cambiò strada ma sparì ugualmente nel nulla qualche giorno dopo.
In questi anni si è parlato molto di Nanga Parbat, la nona montagna più alta sulla terra, 8126 metri, situata in Pakistan. Daniele Nardi la conosceva bene, ha fatto molte spedizione, coinvolgendo i più forti alpinisti nel suo ambizioso progetto: scalare lo sperone Mummery e soprattutto farlo in inverno.
Nel 2018 Elisabeth Revol e Tomek Mackiewicz riescono a chiudere la visionaria via Messner-Eisendle: il polacco muore stremato a 7300 metri mentre la francese viene recuperata con un'incredibile operazione di salvataggio. A coordinare quell'azione, tra gli altri, c'è anche Daniele Nardi. Con la Revol aveva già tentato lo sperone Mummery negli anni precedenti.
Nardi ha fatto parte inizialmente della spedizione che nel 2016 ha compiuto la prima salita invernale al Nanga Parbat. Se ne è andato prima della conquista della cima, lasciando uno strascico di polemiche e accuse ai suoi compagni. Proprio quei compagni, Alex Txikon e Muhammad Ali Sadpara, si sono spesi per cercarlo. Di lui e del suo compagno di cordata Tom Ballard non si hanno avuto più notizie da domenica 24 febbraio 2019. L'ultimo contatto arriva dalla tenda posizionata appena sopra 6000 metri, dopo aver scalato lo sperone e essere scesi per il maltempo.
Quella via per lui era più di un sogno, era diventata un'ossessione. Ne era innamorato, forse troppo...ma è facile dirlo ora, seduti su un comodo divano.
Io non pratico quel tipo di alpinismo, è roba per fuoriclasse, quasi supereroi! Ma so che quando la montagna chiama niente può far cambiare idea. E il rischio zero in montagna non esiste, soprattutto a quelle quote. L'alpinista non è uno sprovveduto, conosce i pericoli e conosce sé stesso, sa dove può arrivare. Ma si spinge sempre oltre per migliorarsi e ricercare la bellezza della scalata.
Non è la prima e non sarà l'ultima tragedia in montagna. Questo è il drammatico pegno da pagare perché l'alpinismo non si fermi a ripetere vie già percorse, magari issandosi su corde posate da operatori specializzati. Il vero alpinista sarà sempre un esploratore.
Ricorderò Daniele Nardi, oltre che come forte alpinista, come un sognatore e come Ambasciatore per i Diritti Umani nel mondo, capace di far sventolare l’Alta Bandiera dei Diritti Umani in tutte le sue spedizioni e aiutare le popolazioni locali con progetti umanitari.
Nel video qui sotto potete ascoltare direttamente da lui cosa era quel progetto: chissà se qualcuno sarà in grado di portarlo a termine.